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Questo articolo è apparso l’8 marzo 2020 nella pagina di OLI Adriano Olivetti Leadership Institute nel passato ha esplorato questi temi, contribuendo a diffondere la riflessione su come affrontare le sfide adattive nel contesto della leadership femminile.

Nel giorno della Festa della Donna vogliamo rendere omaggio al lavoro di Simone Weil (1909-1943), filosofa lucida e incisiva, la cui riflessione attraversa il tempo e ci parla ancora oggi. Per farlo, partiremo da una fiaba che racconta qualcosa anche sulla donna: la favola dei Sei Cigni che la giovane Weil analizza con sorprendente profondità, per poi concludere con una riflessione sulla leadership femminile.

Le fiabe e le storie tramandano archetipi potenti sul femminile. Questo è il filo conduttore del lavoro di Clarissa Pinkola Estés nel suo Donne Che Corrono Coi Lupi, che ha parlato a milioni di donne attraverso il recupero della figura della Donna Selvaggia. Ma anche Simone Weil, con la sua lettura della favola dei Sei Cigni, ci aiuta a comprendere come il magico porti sul corpo una verità dell’anima e come il dramma della storia si trasmetta attraverso l’eroina.

Elisa ha sei fratelli (in alcune versioni undici o dodici), trasformati in cigni da un sortilegio della matrigna. Per salvarli, decide di trascorrere sei anni intessendo camicie d’anemoni (o di ortiche, a seconda della versione) senza poter parlare. Quando viene accusata di stregoneria e condannata al rogo, proprio le camicie che aveva continuato a cucire in prigione le permettono di spezzare l’incantesimo e dimostrare la sua innocenza.

L’analisi di Simone Weil fa emergere la narrazione sottostante la trama della fiaba: le prove che Elisa affronta non sono affidate a una pozione magica o a un oggetto salvifico, ma a un lavoro lungo e faticoso. Elisa e i suoi fratelli hanno ricevuto il loro male dall’esterno, ma la virtù di Elisa è interiore: non importa quanto la strega o il re la facciano soffrire, il compito di cucire le tuniche d’anemoni ancora e ancora le impedisce di agire in altro modo. Il suo lavoro la priva di ogni altra forma di azione e di espressione, ma nel finale sprigiona tutta la sua potenza.

Quali altre riflessioni possiamo trarre da questa fiaba sul femminile? 

Mi piacerebbe chiedere a Clarissa Pinkola Estés se vede anche in Elisa un riflesso della Donna Selvaggia. Simone Weil dal canto suo ci mostra come il magico può rappresentare una verità dell’anima, e in questa storia vediamo come il percorso dell’eroina passi per il sacrificio e il silenzio prima di poter affermare la propria verità.

A questa analisi possiamo, se vogliamo, affiancare il framework della Leadership Adattiva. 

Un dettaglio della fiaba mi ha sempre colpito: quando Elisa viene accusata dall’arcivescovo e gettata in prigione, le camicie d’ortica che aveva tessuto con tanto dolore le vengono restituite con disprezzo: “tieni, porta le tue diavolerie al rogo”. Ma lei ne è felice, (es era questo il dettaglio che più mi stupiva da piccina). Credo sia perché proprio quel gesto di umiliazione le permette di portare a termine il suo compito e salvare i fratelli. Questa dinamica racconta qualcosa di profondo sulla leadership femminile. Chi ci dice che il cambiamento possa avvenire facilmente o con le sole quote rosa racconta solo una mezza verità. Il progresso passa attraverso il duro lavoro, ma prima ancora attraverso il riconoscimento delle sfide adattive. La leadership, per come la intendiamo, è un esercizio che richiede diagnosi, interpretazione e poi azione. 

Fino all’ultimo momento, il popolo assiste alla condanna di Elisa senza metterla in discussione. Solo quando i cigni si trasformano in uomini e lei finalmente parla, la percezione cambia. Per tutto il tempo, il pregiudizio è stato più forte delle sue intenzioni. Non dobbiamo arrenderci nel combattere stereotipi e pregiudizi, né nel cercare alleati. E forse dobbiamo anche ammettere che alcune manifestazioni della condizione femminile che non ci convincono del tutto – le punte dell’iceberg – siano comunque segnali di sfide più profonde. 

Un esempio concreto? Il divario salariale tra uomini e donne o la recente notizia che, a dicembre, su 110mila posti di lavoro persi in Italia, ben 99mila riguardano donne. 

Un ribaltamento interessante offerto dalla Adaptive Leadership  è che il sistema non è rotto: al contrario, funziona esattamente come è stato progettato. Questi dati non sono anomalie, ma risultati perfettamente coerenti con il funzionamento della nostra società così come si è evoluta. Il problema, allora, sta nelle premesse. Ed è su queste che dobbiamo concentrare la nostra attenzione. Con fiducia, come Elisa, nel fatto che il lavoro di smantellare i pregiudizi ci porterà da qualche parte. 

Il duro lavoro di Elisa è accompagnato dal silenzio e dalla rinuncia, ma guidato da un fine chiaro che gli altri non comprendono. Lei ha un purpose, quel fuoco sacro che guida l’azione di leadership. E proprio per questo, nonostante l’astensione, non rinuncia alla propria voce nel momento cruciale. 

L’azione di leadership richiede tempo, ma se guidata da un purpose può spostare il sistema dallo status quo verso un’evoluzione comune. E persino chi ci ha ostacolato potrebbe rivelarsi, alla fine, un alleato. La leadership tocca la paura della perdita di tutte le fazioni coinvolte. E parlare delle sfide adattive significa scegliere il momento giusto e coinvolgere interlocutori che abbiano un purpose nella loro risoluzione. 

La nostra società è pronta, uomini e donne insieme, a prendersi carico di queste sfide? Prima dobbiamo farle emergere. 

 

Fonti:

In Italia, Giancarlo Gaeta è tra i principali studiosi del pensiero di Simone Weil e ha contribuito in modo significativo alla sua diffusione. Il volume Pagine Scelte, da lui curato, raccoglie un’analisi brillante del suo pensiero e rappresenta una lettura fondamentale per chi desidera approfondire il suo percorso intellettuale e umano.

Un’altra fonte preziosa è il lavoro condotto da Robert Chenavier all’interno dell’Association pour l’Étude de la Pensée de Simone Weil, dalla quale ricevo la splendida Revue trimestrielle, che pubblica articoli tratti dai convegni annuali dell’Associazione.

Merita inoltre attenzione il lavoro di Farina Editore e Mauro Trentadue, una vera perla: tutto ci\u00f2 che questa casa editrice propone, insieme alle sue raffinate traduzioni, è di altissima qualità.

Silvia Manduchi

J’écris, donc je pense. Je pense, donc j’écris. Un cercle (pas si) vicieux.

Silvia Manduchi