Mi sono imbattuta in un pezzo di Les Echos che ben dialoga con un articolo il cui titolo spunta spesso nella mia mente quando incontro persone poco raccomandabili a capo di qualcosa. Una cosa che, diciamocelo, succede a tutti.
L’articolo titola “The Biggest Threat to an Organization During the Information Age: Narcissistic Leaders” di H. Freidman e Les Echos dice: “Nelle grandi aziende magari vi sarete confrontati con dei colleghi un po’ furbi, dei capi tirannici o dei boss sociopatici, ma in una startup, se incrocerete un co(n)fondateur (tradotto un cog****e-fondatore) ve lo ricorderete a vita! Soprattutto, se ha un ego della taglia… di un paracadute.”[1]
Ho trovato questa frase, esilarante.
Il concetto è semplice, attenzione. Attenzione alle relazioni. I fondatori devono essere persone in grado di ascoltare e di porsi come parte attiva nella relazione perché hanno un grandissimo impatto all’inizio della realtà sulla creazione di quelle regole che si metteranno proprio alla base della stessa. Quando si tratta di una personalità virtuosa lo vedremo negli anni a venire e quando si tratta di una personalità con dei tratti irrisolti, pure! Dove sta la differenza allora? Ci sono alcuni campanelli d’allarme che io reputo utili. Ad esempio, se si inizia già da subito ad avere rapporti complessi con fornitori o con i partner, allora forse potrebbe essere un campanello d’allarme per chiunque si voglia avvicinare alla startup, siano essi dipendenti o investitori. L’altra cosa è il gut feeling. In fondo se ti trovi bene con una persona e c’è feeling, senza doversi tanto sforzare di pensare ai reciproci vantaggi nel caso di una collaborazione, forse è un non segno. Ne parla Gladwell nel libro “Blink: The Power of Thinking Without Thinking”.
Certo, è da comprendere che sicuramente anche gli stessi fondatori sono inseriti in un processo di apprendimento e sottoposti a un elevato stress. Due fattori che li costringono a volte ad agire senza avere totalmente sotto controllo la questione che li riguarda, anche in base alle condizioni di contesto (sociali, aziendali etc.). ma ciò non toglie che nessuno voglia avere a che fare con un co*fondatore e che quindi l’empatia risulti un tassello fondamentale. Quindi, se per caso ti sei sentito una volta un po’ parte di questa schiera, per favore, fai un favore ai tuoi futuri collaboratori e leggiti emotional intelligence[2] (Lasciatemi l’onore di declinare questa parola al maschile, dato che le founder donna le stiamo ancora cercando e che la storia della fondatrice di Bumble ci insegna che spesso il femminile si costruisce in risposta proprio di questo tipo di approccio à la con. Però certo, non nego che potrebbe esistere anche una co*fondatrice).
Oltre alla situazione straordinaria descritta in questo articolo, c’è tutto il resto da considerare. Parliamo delle relazioni che possono migliorare nel tempo attraverso una comunicazione aperta e un approccio condiviso nell’analisi della realtà. È probabile che vi ritroviate in questa situazione. Pertanto, l’obiettivo è intraprendere il viaggio della comunicazione, ovunque voi siate tra gli stakeholder di questa complessa relazione che è una startup!
Allora in bocca al lupo per la tua strada verso un modo virtuoso di gestire le relazioni nella tua startup! 🚀
[2] Emotional Intelligence è un libro di grande successo sul tema dell’empatia nell’ambiente di lavoro di Daniel Goleman