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Il momento della newsletter si avvicina sempre con passo non troppo felpato e quindi eccomi qui a pensare a che cosa raccontarvi oggi.

Il mio pensiero oggi va ad una questione tanto di genere quanto di “gente”. Vorrei parlare dell’ANSIA. Che per la forza con la quale si presenta sempre ai nostri occhi, mi sembra appropriato descrivere con lettere maiuscole. 

L’ansia è uno stato, credo. Dico credo perchè non sono un’esperta, in questo servono sempre le consulenze telefoniche della mia amica psicologa, Laura. Che ti spiega ciò che tu ti affanni a descrivere con mille parole, in due secondi e in modo molto chiaro. In ogni caso, mi sembra di avere compreso che l’ansia sia uno stato nel quale ci si ritrova quando c’è qualcosa di ingestibile da gestire. Ingestibile per il nostro livello di gestione dell’ansia in quel dato momento, si intende. Quello che mi interessa qui è la dimensione sociale dell’ansia. Marty in uno dei manuali sull’Adaptive Leadership scriveva (insieme al suo co-autore Ronald Heifetz, che non ho mai conosciuto ma che mi sembra un tipo simpatico) che “l’ansia ha una funzione sociale spesso mal compresa”. 

Per fare esempi di cose che in un dato momento mi generavano ansia e più tardi no, mi ricordo l’ingresso in tangenziale con mia madre in macchina, nel quale rischiavo la vita ogni volta e molti altri episodi connessi al senso di orientamento. 

Nelle note per questa Newsletter ho segnato “scrivere che non avevo il coraggio”. Cosa significa, ancora non lo so. Ma con questo devo fare i conti.

Per una realtà che si costruisce, come una startup, ci sono due momenti principali: uno è quello della costruzione, dove il modo migliore è quello di ridurre il livello di ansia sociale creando un ambiente che riesca a contenere, per permettere questo lavoro tanto complesso. Il secondo è il momento nel quale invece è opportuno abbassare queste barriere e guardare dritto negli occhi quegli elementi che aumentano il livello di ansia del gruppo. Che cosa non vogliamo vedere? Di che cosa dobbiamo prendere consapevolezza? E a volte, in questo momento, si possono prendere scelte come quella di girare pagina. A me è successo.

 

Ecco, a proposito di scelta, visto che le Elezioni Europee si avvicinano, oltre che chiedere a mia sorella che voti al consolato Svizzero, oltre che recuperare la mia tessera elettorale non so in quale cassetto a Padova, sarebbe bello se i politici eletti facessero i conti con la loro personale ansia, in modo da non proiettarla come “polvere di stelle” intorno a sé. Sarebbe bello se fosse riconosciuta questa funzione sociale del riconoscimento della propria fragilità, comprensione di quella altrui e contenimento di quella sociale. C’è davvero una necessità da parte di quest’ansia di lasciarsi nominare, perché è una dimensione che ci muove, sebbene ne abbiamo spesso un’enorme paura e quindi la nascondiamo dappertutto, lasciandole solo in questo modo prendere dimensioni notevoli. 

Non è questa la funzione sociale dell’ansia troppo mal compresa di cui parla Marty?

Silvia Manduchi

J’écris, donc je pense. Je pense, donc j’écris. Un cercle (pas si) vicieux.

Silvia Manduchi