Non so come è nato l’articolo di questa settimana ma ciò che è certo è che io ci sia arrivata nell’arco di, più o meno, diecimila voli pindarici. Quello su cui ragiono oggi è la vita, morte e forse risurrezione (futura?) delle app di dating. Silvia Castrogiovanni mi ha suggerito di cominciare parlare della fase creativa che abita la vita dei nuovi progetti, la cosiddetta ideation. In molte cose bisogna essere creativi, la prima è a letto, così si dice, ma non sarà questa la metafora che seguirò. Lacan diceva che non esiste il rapporto sessuale. Freud diceva che un rapporto sessuale include sempre quattro individui e queste sono tra i ragionamenti che più mi intrippano della psicanalisi. Ma ripeto, non entrerò in questo argomento, magari un’altra volta.
Evolvendo da qui e passando alla sfera del senso comune, si dice che l’amore e il sesso siano da coltivare e che serva un duro lavoro per far funzionare le relazioni sentimentali e nonostante questo a volte comunque non funzionano, nonostante l’impegno, a volte ci si lascia, altre volte si sta insieme per sempre e altre ancora si cambia partner. Insomma, il genere umano funziona così e ad un certo punto ci si rende conto che tutte le relazioni d’amore hanno dato qualcosa alla propria crescita. Gli strumenti di comunicazione in questo sono fondamentali, qualunque essi siano, dalle lettere ai messaggi. Le parole sono gli strumenti, storicamente, usati dall’amore, senza che siano, ovviamente, mai abbastanza per colmare un sentimento tanto complesso e a volte è meglio non dire proprio nulla. C’è anche un altro elemento su cui riflettere, e la serie Netflix Bridgeton su questo è scuola, ovvero l’elemento social dell’amore. Io l’ho compreso un pomeriggio in montagna parlando con una mia amica, Ilaria. Ilaria mi ha detto, mentre le esponevo semi in lacrime una mia pena d’amore per una persona assolutamente out of my league, (o io out dalla sua, dipende dai punti di vista): “Silvia, perché non pensi che l’amore sia anche un fenomeno sociale?”, io ci sono rimasta proprio di stucco. Effettivamente lo è, non ci avevo pensato. E questo dà adito alla mia teoria sulle app di dating.
In un mondo iperconnesso, dove il nostro prolungamento del braccio sta nell’iPhone, la sfera sentimentale passa per molti attraverso alcuni colossi che un tempo erano startup, “solo” nel 2014. Diciamocelo, però, sono passati ormai dieci anni e le stesse sono state accusate di non avere mai evoluto i propri servizi, diventando presto outdated. Le app di dating suscitarono il mio interesse (intellettuale, perché nel loro uso ho sempre avuto una repulsione, mi sembravano un supermercato di persone…) quando scoprii che Whitney Wolfe Herd aveva fondato Bumble, una nuova app di dating, dopo aver citato in giudizio la sua ex azienda che aveva co-fondato, Tinder, per discriminazioni sessuali e molestie, per cui è stata risarcita circa 1 milione di dollari. La faccenda si faceva intrigante, ho visto questo passo come una rivoluzione personale, come un evolvere anche in termini di riscatto. Poi ho osservato il video della firma della quotazione in borsa con il suo bambino in braccio e lì mi ha conquistata definitivamente.
Tuttavia, sembra che adesso le app di dating stiano incontrando un periodo buio con cali nelle entrate, abbassamento delle valuation e aumento delle disiscrizioni ed è interessante osservare le due differenti strategie adottate da Tinder e da Bumble per far fronte alla crisi. La prima, parte di Match Group (un nome, un programma) inserirà l’AI per selezionare le foto dei profili più in linea con i loro gusti e la seconda inserirà “personalizzazione” e “flessibilità”, ci dice Ilpost. Chissà chi vincerà (io tifo sempre per Whitney Wolfe Herd), però l’amore è altro, no? È quella roba incomprensibile che ti scombussola il cervello, non un iper-controllo delle relazioni e degli incontri. Un pensiero allora monta nella mia testa… forse dovrei tornare alla mia vecchia idea di una love app avuta ad un aperitivo con un’altra amica, Eugenia.
Spero di avervi mostrato come inizia la fase creativa di ideation, di fatto non è nulla di più complesso di così: è un pensiero…di cambiamento.
Ci vediamo al prossimo match!